take a seat

On the Way to the Sea, 2010, Bat Yam, Israele, Biennale of Landscape Urbanism | Derman Verbakel Architecture_Elie Derman, Els Verbakel | foto: Yuval Tebol

 

Ancora panche girevoli. Derman Verbakel Architecture, on the way to the sea, bat yam, 2010

23.10.2012 ways of seating Giovanni Corbellini

Bighellonando in rete alla ricerca di cose interessanti mi imbatto in questa cugina israeliana dell’elegante spazio barese progettato da Ma0 e che ho commentato nel marzo scorso. Si tratta di una parente che veste i pois in maniera più casual. Forse perché sta andando al mare? O perché la dimensione del percorso le dona una complessione più “longilinea” rispetto alle simmetriche e pluridirezionali estensioni della piazza? Fatto sta che il problema della suddivisione della superficie si risolve qui nella scansione della profondità organizzata attraverso sequenze narrative tese a conciliare le necessità dell’andare con le piacevolezze dello stare. Nel connettere la città con la spiaggia, il progetto di Elie Derman ed Els Verbakel si presenta come una sorta di soggiorno urbano decostruito e rimontato un pezzo accanto all’altro, prima come una successione di elementi dalla funzione ambigua, disponibili a essere usati indifferentemente come sedute, tavoli o superfici percorribili, poi proponendo le medesime funzioni con maggiore precisione di disegno (panche e banchi sono inequivocabilmente tali) e medesimi obiettivi di indeterminazione: la loro posizione può cambiare grazie al perno al quale sono vincolati da un lato e alla grande ruota sulla quale si appoggiano dall’altro. L’elemento fisso al terreno cresce fino a diventare una sorta di grande portale che, ripetuto più volte, accompagna il pedone dando ritmo alla passeggiata e contribuisce a definiire “stanze” in grado di interagire con le parti mobili nella costruzione di spazi sempre differenti. Visti di infilata, questi sottili rettangoli ricordano la grafica computerizzata a fil di ferro che in tanti vecchi film di fantascienza descriveva le evoluzioni di avvicinamento a pianeti o astronavi, ma la loro collocazione fuori asse e la variabilità nelle dimensioni contribuisce a rompere la connessione all’obiettivo, introducendo occasioni di deviazione dello sguardo e, con esse, una ulteriore apertura ai comportamenti imprevedibili favoriti dagli arredi girevoli.

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