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IL MEDIUM DI CARTA

16.05.2012 ways of seating Marco Brollo

Una delle mie abitudini quotidiane è cercare, rovistare, documentarmi e raccogliere qualunque cosa, significativa o apparentemente inutile. Credo si possa considerare una di quelle “naturali inclinazioni” che la Legge italiana difende con vigore per tutelare lo sviluppo e la formazione della prole, secondo le proprie specifiche attitudini. Mia madre maledisse più volte i legislatori che promulgarono quella norma perché, di fatto, la ammanettavano impedendole di porre un freno alle mie abitudini che (diciamocelo pure) per una madre suonano come una tortura psicologica prima ancora che fisica. Malediceva i Padri Costituenti specialmente quando mi vedeva rientrare a casa con borse colme di oggetti sconosciuti, interessanti frammenti di origine inquietantemente organica, oggetti e pezzi di qualunque cosa. Forse non erano gli oggetti in sé a turbarla quanto i micro-mondi di batteri che sicuramente li popolavano e che lei sapeva avrebbero diviso con me vitto e alloggio. Io e lei ingaggiavamo vere guerre di resistenza fatte di sottrazione-riappropriazione reciproca di reperti, giochi di forza che la vedevano ineluttabilmente sconfitta per via delle norme di legge che io citavo all’occorrenza, facendola capitolare all’istante. Questi stessi oggetti e minuterie che lei guardava con orrore si sono poi rivelati essenziali (dopo anni di giacenza in scatole, dentro borse dentro scatole dentro altre borse) per trovare colori, forme, sensazioni materiche indispensabili per il mio lavoro.

 

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Ho incontrato Lucas Simões durante una di queste battute di caccia. Ero alla ricerca di cose che avessero fori, buchi, aperture. Mi interessava trovare qualcosa attraverso cui poter guardare luoghi anche molto diversi dai quali mi trovavo, qualcosa che somigliasse ad una staccionata impenetrabile con un buco oltre il quale si potesse (volendo) intravedere la campagna inglese con le pecore dal muso nero che scorrazzano. Sostanzialmente cercavo dei “ponti”, importanti non per il loro valore materiale quanto per la loro funzione di traghettatori logici e per la loro capacità di curvare e distorcere lo spazio e il tempo tanto da bypassare molte delle leggi fisiche conosciute.

 

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In questo senso la ricerca grafica di Lucas Simões è un “ponte” perfetto. La stratificazione e i tagli che contraddistinguono la maggior parte dei suoi lavori sono, prima di ogni cosa, un concetto e, solo poi, un atto grafico. Potremmo definirlo davvero un “Medium” (riappropriandoci della pronuncia latina della “e” forse si apparirà un po’ snob ma, allo stesso tempo, sarà più immediato collegare questo termine al suo significato originario di “tramite”). Lucas infatti ci traghetta dal luogo nel quale ci troviamo dentro ad un “multiverso” complesso e senza riferimenti spaziali conosciuti. Foto, libri, strati su strati, tagli, buchi e bruciature di buchi diventano geometrie che incurvano lo spazio e deformano il tempo. Nel ciclo “desmemórias” ci fa attraversare le carni, in “desretratos” ci fa manipolare la struttura della materia stessa scavandola, in “desmanches” ci da in mano una scure con cui frammentare e ricomporre la parola. Per me il lavoro di Lucas Simões è un vero e proprio mezzo per raggiungere altri luoghi, un ponte, un tramite, un Medium. Posso affermare con certezza che, fin da piccolo, imparare a rovistare ovunque è stato essenziale anche per poter incontrare Lucas oggi. Ringrazio Lucas per la gentilezza nel concedermi di proporvi il suo lavoro, ringrazio la legge italiana che ha tutelato questa mia predisposizione alla ricerca, e ringrazio anche mia genitrice perché ha dato la possibilità ad un figlio di dire “te l’avevo detto” alla propria madre, sovvertendo le regole stesse della natura.

 

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